Il cavallo coterapeuta
I fluidi movimenti del dorso del cavallo rilassano la muscolatura contratta che dà del filo da torcere a molti mielolesi e quindi si prestano perfettamente per la terapia.
Testo: Stefan Kaiser
Foto: Walter Eggenberger
Immaginatevi la seguente scena: avete una para o tetraplegia e siete seduti, ma non in sedia a rotelle, bensì sul dorso di un cavallo. E poi vi chiedono anche di estendere le braccia lateralmente. «Ammetto che ci vuole coraggio», afferma Deborah Luternauer. «Ma è una bella sensazione quando dopo pochi metri ti accorgi come tutti gli ingranaggi si incastrano.» È un’esperienza che rafforza sia la fiducia nel proprio corpo che nel cavallo, un assistente indispensabile per questo esercizio, spiega.
Tutto è iniziato a Natale dell’anno scorso. Durante un’escursione nelle montagne ticinesi su un pendio innevato l’insegnante 29enne di Möhlin (AG) precipita per 700 metri, lesionando il midollo spinale nella colonna cervicale. Un passo falso costato caro: ha subìto una tetraplegia e quindi viene operata a Lugano e successivamente trasferita nel Centro svizzero per paraplegici (CSP) di Nottwil per la riabilitazione. Il primo periodo è stato duro: «Dovevano imboccarmi perché non riuscivo nemmeno a muovere le braccia. Facevo fatica a deglutire ed ero terrorizzata dall’idea di soffocare se qualcosa mi fosse andato di traverso.»
Quale sollievo scoprire che il suo midollo spinale non è stato completamente reciso e che quindi col tempo sarebbe stato possibile recuperare alcune funzioni corporee. Infatti, torna a muovere il braccio, poi a estendere la gamba e a flettere singole dita. «Un’infermiera mi ha incoraggiata a continuare a provare: quindi mi concentravo sul dito e pensavo: ‹Dai, forza, muoviti!› e poi improvvisamente ha fatto uno scattino.» Da allora è tornata a usare autonomamente la mano.
Rapidi miglioramenti
Come molte altre persone con lesione midollare, anche Deborah Luternauer soffre di un elevato tono muscolare e di contrazioni muscolari involontarie (spasmi). Se sta seduta senza muoversi sono più forti, mentre quando si muove diminuiscono e per questo motivo la fisioterapista le ha consigliato di provare l’ippoterapia. I cavalli la intimoriscono, quindi inizialmente è un po’ scettica. «Alla prima cavalcata non sono nemmeno riuscita a tenere la testa sollevata e a guardare avanti. Continuavo a chiedermi: ‹Servirà veramente a qualcosa?› In sedia a rotelle ero abituata a tenere le gambe strette e rivolte in avanti, ma appena scesa dal cavallo ho sentito che le anche si erano come sbloccate.»
Sono bastate poche ore di terapia per consentirle di acquisire una maggiore stabilità nel tronco. Ora siede in posizione eretta, lo sguardo rivolto in avanti, senza percepire dolori alla nuca. Il suo corpo assorbe naturalmente i fluidi movimenti del cavallo. «È come quando due oggetti si fondono», spiega. «È un movimento che parte dall’anca, che dondola a ogni passo, e che prosegue fino alla testa.»
Samantha Wildi, la sua fisioterapista, conferma: «La riabilitazione equestre è una forma di terapia stimolante: si lavora con tutto il corpo e ne beneficia anche la psiche.» Servendosi dei movimenti del dorso del cavallo, la terapista rafforza l’equilibrio e la muscolatura della paziente, migliorando al contempo anche la sua mobilità. Inoltre l’ippoterapia ha un effetto rilassante sul corpo: i movimenti che dal cavallo vengono delicatamente trasmessi alla colonna vertebrale e al tronco aiutano a regolare il tono muscolare
«Il vero terapista è il cavallo»
Durante l’attività terapeutica Samantha Wildi si assicura che la paziente mantenga una postura eretta e le spalle in equilibrio. La sua mano è appoggiata sulla schiena della paziente e le permette di capire subito quando la schiena si inarca. «In realtà, il vero terapista è il cavallo», afferma. «Noi interveniamo solo per correggere qualcosa di specifico o per rafforzare un movimento.»
Oltre a tenere d’occhio la paziente, la fisioterapista osserva anche il cavallo: «Devo poter intervenire in qualsiasi momento e impedire che i pazienti cadano.» Presso la scuderia Eyhof a Nottwil, dove ha luogo la riabilitazione equestre, ci si esercita regolarmente ad affrontare eventuali emergenze. Benché Samantha non si sia mai ritrovata in una situazione critica, sa che i pazienti non sarebbero in grado di proteggersi da soli: «La terapia richiede una buona dose di fiducia, nei confronti di tutta l’équipe.»
I cavalli percepiscono lo stato d’animo della persona in sella e lo rispecchiano. Per evitare che fuggano improvvisamente durante una seduta, ad esempio perché le gambe del paziente si contraggono per la spasticità oppure per un brusco strappo di redini, i cavalli impiegati a Nottwil vengono appositamente addestrati.
La gratitudine dei pazienti
Gli otto cavalli islandesi impiegati per le terapie hanno un carattere calmo e mansueto e quindi sono particolarmente indicati per questo lavoro. A occuparsi della loro formazione c’è Rita Gnägi, che, in quanto coadiutrice del cavallo, affianca le terapie e si assicura che sia possibile raggiungere gli obiettivi desiderati. È lei che ordina al cavallo di andare al passo, di fermarsi o di ripartire. Al contempo controlla l’ambiente circostante individuando rumori, pedoni o oggetti insoliti che potrebbero spaventare l’animale. «Il cavallo agisce d’istinto, quindi potrebbe fare un balzo avanti in qualsiasi momento», spiega. «Io devo intuirlo e gestire le sue reazioni.» Se il cavallo si fida di lei, non ha paura e non si oppone ai suoi ordini.
«Il cavallo vuole assicurarsi che sia io l’individuo alfa e quindi di tanto in tanto mi mette alla prova», afferma Rita Gnägi. «Lo fa spintonandomi con la spalla oppure invadendo il mio spazio e vedendo se riesce a farmi spostare.» Basta qualche parola, determinata e severa, per creare chiarezza. Rita ritiene che il lavoro a Nottwil sia unico nel suo genere. Lei e i suoi colleghi traggono grande motivazione soprattutto dalla riconoscenza mostrata dai pazienti.
Dopo nove mesi di riabilitazione, Deborah Luternauer lascerà il CSP e a gennaio inizierà a insegnare. Durante il soggiorno in Clinica ha beneficiato parecchio dell’ippoterapia, tant’è che intende proseguirla in regime ambulatoriale. Ha anche già trovato una scuderia adatta, dove il suo corpo tornerà di nuovo a dondolare in sintonia con i movimenti del cavallo.
Ippoterapia
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