Medicina di soccorso – Salvare vite è alla portata di tutti
In casi di estrema emergenza, conta ogni secondo. Perciò il programma di formazione offerto dal SIRMED, l’Istituto Svizzero Medicina di Primo Soccorso, a Nottwil comprende un’ampia gamma di corsi destinati sia a soccorritori professionisti che a persone amatoriali che prestano i primi soccorsi.
Testo: Stefan Kaiser
Foto: Walter Eggenberger, Beatrice Felder
Sabato mattina, un grave incidente è avvenuto sulla cantonale 23. Una donna di 45 anni è rimasta ferita ed è in pericolo di vita, un’altra persona è gravemente ferita. Un’équipe di 20 pompieri è accorsa sul luogo dell’incidente. («Schaffhauser Nachrichten», feb. 2019)
A volte basta un attimo... e di colpo ci si ritrova in una situazione d’emergenza, come vittima o come soccorritore. «Di recente, in autostrada, mi è capitato di vedere una persona distesa per terra sulla corsia d’emergenza», racconta Anja Oehen, responsabile della sezione addetta al primo soccorso presso il SIRMED, l’Istituto Svizzero Medicina di Primo Soccorso. «Non si era fermato nessuno.» Spesso non si sa quale comportamento adottare, ci si sente persi, proprio un po’ come la persona che giace per terra. Una vera fortuna, quindi, che Anja Oehen passasse di lì proprio in quel momento. Infatti poté chiarire rapidamente la situazione medica, in quel caso non grave. Ma non è sempre così, l’esperta del soccorso ne sa qualcosa: «A volte si forma un gruppo di persone tutt’attorno e nessuno osa intervenire.» Si rimane bloccati dalla paura di sbagliare qualcosa, il buon senso rimane irrigidito. Gli studi sull’altruismo mostrano che più testimoni ci sono, meno si interviene per prestare aiuto; tutti pensano che se ne occuperà qualcun altro. Questo fenomeno è definito «diffusione della responsabilità» o effetto spettatore, racconta Helge Regener, direttore commerciale del SIRMED.
Nel momento in cui qualcuno prende l’iniziativa, cambia la dinamica e tutti si danno da fare organizzando l’aiuto necessario. «Ma se succede dentro le mura di casa, ai propri cari, e non si riesce a intervenire perché si rimane impietriti? Il solo pensiero mi fa rabbrividire», dice Anja Oehen.
Prestare i primi aiuti non è difficile
Sebbene gli incidenti stradali facciano tendenzialmente più notizia sui giornali, in realtà la causa più frequente di decesso sono i problemi cardiovascolari. In Svizzera si contano circa 30 000 infarti acuti del miocardio, di cui 8000 con un arresto cardiocircolatorio. Emergenze che spesso succedono a casa. «Ciò dovrebbe indurre la gente ad apprendere i semplici gesti per i primi soccorsi», ritiene l’esperta del SIRMED.
Chiunque subisca un arresto cardiaco ha più del 50 % di chance di essere salvato se le misure salvavita di base iniziano entro i primi tre, cinque minuti. Di rado i servizi di soccorso professionali riescono ad arrivare sul luogo entro questo lasso di tempo. È quindi di primordiale importanza che le persone presenti, anche se non professionisti, agiscano immediatamente. «Sarebbe quindi molto utile rispolverare regolarmente le proprie nozioni di primo soccorso», afferma Helge Regener.
Anja Oehen rimane spesso sorpresa nel constatare quanta gente ammette di aver frequentato l’ultimo corso di primo soccorso anni e anni addietro, quando ha fatto la patente di guida, non realizzando che nel frattempo tutto è diventato più facile. E questo non riguarda solo i primi soccorsi. Oggigiorno non c’è più nessuna ragione di aver paura di usare i defibrillatori automatici esterni (DAE) disponibili nei luoghi pubblici o nelle aziende. Visti i dispositivi di sicurezza di cui sono provvisti e la semplicità d’uso, non si può sbagliare.
Corsi per tutti, privati e aziende
Il vasto programma di corsi proposti dal SIRMED permette ai partecipanti di aggiornarsi sia nella teoria che nella pratica, in modo da essere sicuri di agire nel modo giusto sin dall’inizio in caso di un’emergenza. Ci sono due o tre punti che, se vengono osservati, infondono alle persone la fiducia di poter salvare una vita. «Ma bisogna anche renderle consapevoli dei rischi, sull’importanza cruciale di mettere in sicurezza il luogo dell’incidente per esempio», raconta Helge Regener.
All’incirca il 70 % dei corsi di primo soccorso hanno luogo dappertutto in Svizzera, in varie lingue e formati. Anja Oehen ha a che fare con una clientela varia e sparsa su tutto il terriotorio nazionale: privati, gruppi e aziende, a cui propone formule su misura, affinché ogni azienda sia conforme alla legislazione relativa alla sicurezza del personale. In molti casi questi corsi aziendali hanno luogo presso il cliente stesso e hanno il vantaggio di rafforzare lo spirito d’équipe, oltre ad essere un modo di esprimere stima verso i propri collaboratori.
Prestare i primi soccorsi è alla portata di tutti. In molti casi, il peggio è non fare nulla, insiste Anja Oehen, che si auspicherebbe che a livello politico ci si adoperasse affinché ognuno aggiornasse regolarmente le sue competenze. «In molti Paesi è una cosa ovvia, e il tema del primo soccorso viene affrontato già a scuola.» In Svizzera, di questo punto non si è purtroppo tenuto conto durante l’elaborazione del Piano di studio 21. «Oltre alle 60 000 persone che si iscrivono a un corso di rianimazione tutti gli anni, le domande per le patenti di guida ammontano a 80 000-90 000 – con altrettanti corsi soccorritori obbligatori. Quindi c’è ancora molto da fare», dice Helge Regener.
La sicurezza del paziente innanzitutto
Il SIRMED a Nottwil abbraccia tre campi di attività che coprono l’intera catena di salvataggio. Il primo sono i primi soccorsi, il secondo è una scuola specializzata superiore per la formazione professionale di soccorritori e soccorritori ausiliari d’ambulanza, mentre il terzo campo, denominato Continuous Medical Education (CME), si dedica alla formazione di professionisti in Medicina acuta e d’urgenza, colmando una lacuna nell’ambito della formazione medica di base. Sessioni formative centrate sulla pratica, il trasferimento delle nozioni e una tecnologia di simulazione sofisticata soddisfano una crescente esigenza di qualità richiesta nel settore sanitario.
La presa in carico dei pazienti avviene in un sistema dove professionisti di indirizzo molto diverso sono tenuti a collaborare strettamente, sebbene durante i loro studi la collaborazione e processi di équipe non erano tematiche abbordate. «Ogni categoria professionale segue una formazione a sé stante, che non tiene conto di tutte le altre», afferma il caposezione del CME Kai Kranz, «partendo poi dal principio che nella prassi gli specialisti diano prova di una sufficiente capacità di interazione tra loro». Degli studi dimostrano che la percentuale di errori e quindi di decessi sale quando il lavoro di équipe è carente. Invece le équipe allenate a lavorare insieme fanno meno errori nell’assistenza del paziente.
Lavorando insieme, si impara
Bisogna che i responsabili prendano coscienza dell’importanza che ha l’apprendimento della collaborazione interprofessionale in quanto tematica, sottolinea Kai Kranz, per il quale la prima priorità è la sicurezza del paziente. Allo scopo di formare ancora meglio in materia di lavoro in équipe, il SIRMED ha inaugurato a Nottwil, nell’autunno 2018, un centro di simulazione che offre la possibilità di esercitarsi in vari scenari e circostanze molto simili alla realtà. La tecnologia messa a disposizione dal CME ricorda i simulatori dell’aeronautica volti a migliorare la qualità del lavoro all’interno del cockpit. Infatti, i sistemi ad alta performance richiedono un elevato grado di affidabilità: «Lo scarto che c’è tra il successo e la catastrofe è sottile», precisa Kai Kranz, «quindi facciamo di tutto per inculcare il principio che il lavoro in ospedale non tollera approssimazione alcuna; insomma, è uno spazio dove vige un altissimo livello di attendibilità e precisione».
Un esempio classico sono le gerarchie, ancora molto presenti nell’ambito sanitario. Quale giovane assistente avrà il coraggio di correggere il professore che commette un errore di valutazione in sala operatoria? I rapporti di subordinazione possono intimidire, con conseguenze negative per i pazienti. Negli ospedali queste configurazioni sono ancora molto frequenti, a tutti livelli, in tutti i servizi.
Non lasciar spazio al caso
Come afferma il caposezione Kranz, nei settori di attività dove l’affidabilità è capitale, la sicurezza non deve essere lasciata al caso: «Noi vogliamo implementare delle strategie che riducano al minimo il rischio di un grave errore.» Che un’équipe funzioni bene o meno bene può essere un caso. Quindi, per far sì che ciò che è buono si ripeta, bisogna imparare dagli errori analizzando i punti che hanno caratterizzato lo svolgimento dell’intervento in équipe. Ed è questo il merito dei training CME: rapportare il perfezionamento tecnico agli aspetti di rilievo per l’équipe e ai «fattori umani», ossia alle limitazioni personali dei partecipanti.
«Un’équipe risolverebbe già un gran numero di problemi se si domandasse come aiutare al meglio il paziente con le risorse a disposizione», aggiunge Kai Kranz. Perché se il punto di partenza è l’utilità per il paziente, l’ego delle persone coinvolte passa automaticamente in secondo piano, così come certi rapporti gerarchici o di altro genere che nuocciono all’équipe. A chiunque può capitare di dover soccorrere qualcuno. Sarebbe bene non farsi cogliere impreparati.
Il bello del nostro lavoro è poter dire – senza essere pretenziosi – che la nostra missione consiste nel rendere il mondo un pochino migliore. Noi facciamo la nostra parte, pur se piccola, contribuendo a raggiungere i grandi obiettivi della Fondazione svizzera per paraplegici e della Rega. D’altronde fa parte della nostra visione, far sì che ogni persona riceva la migliore assistenza possibile in situazioni d’emergenza. Dove riuscirci, se non in Svizzera?, conclude Helge Regener.
Una lesione del midollo spinale comporta elevati costi consecutivi, per esempio per i lavori di adattamento dell’abitazione o dell’automobile. Aderite perciò come membri dell’Unione dei sostenitori della Fondazione svizzera per paraplegici, per ricevere 250 000 franchi nell’eventualità di un’emergenza.
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