In viaggio verso il futuro
Una coppia di vallesani ci svela come impiega nel quotidiano vari ausili e apparecchi terapeutici per raggiungere un grande obiettivo.
Testo: Stefan Kaiser
Foto: Matteo Gariglio
Compiendo pochi gesti, ormai quasi in automatico, Hans Zenklusen applica gli elettrodi gialli e rossi alle braccia della sua partner, seleziona uno degli undici programmi, regola l’intensità della corrente… e come per magia gli avambracci di Manuela Ressouche iniziano ad alzarsi e abbassarsi. I movimenti vengono provocati da un apparecchio che, attraverso un impulso elettrico, stimola i muscoli addetti alla funzione delle mani. La cameriera diplomata ha scoperto questa forma di terapia durante la sua seconda riabilitazione presso il Centro svizzero per paraplegici (CSP). Da qualche giorno è rientrata a Raron (VS) e prosegue le terapie al domicilio.
Nel soggiorno della coppia troviamo apparecchi terapeutici in ogni angolo. Ma perché in soggiorno? Hans Zenklusen ci spiega che la sua compagna «non può allenarsi in uno sgabuzzino, deve sentirsi a suo agio!» Oltre ai 25 minuti di elettroterapia e a un’ora di poltrona massaggiante, il programma prevede anche un’ora di terapia del movimento sul Motomed, un cicloergometro per mani e braccia che Hans ha acquistato e adattato per lei. E poi ci sono anche delle pedane vibranti.
Ma siccome non riesce a uscire dalla carrozzina, per qualsiasi allenamento deve chiedere aiuto al suo partner. Infatti è lui che prepara gli attrezzi e la trasferisce dalla carrozzina impiegando una particolare tecnica imparata a Nottwil. «Ho scelto apposta la tecnica via ginocchia perché così Manuela deve sempre rizzarsi da sola e in questo modo rafforza gli addominali.»
Tra i compiti che l’infermiera diplomata svolge insieme a Doreen Kresse della Spitex cantonale rientrano la cura del corpo alla mattina e alla sera, il cateterismo alla mattina, al pomeriggio e alla sera nonché la profilassi antidecubito sotto forma di ispezione della pelle alla sera.
Quando le chiedo quali sono gli ausili più importanti, Svetlana, l’infermiera di origine uzbeca che da 23 anni vive in Svizzera, non ha bisogno di riflettere a lungo: «Il letto ortopedico. È fondamentale per il corretto posizionamento e il trasferimento in carrozzina. E poi, essendo regolabile, ci agevola nelle operazioni di cura.»
Ritiene altrettanto importanti anche i cateteri monouso nonché la sedia comoda, una carrozzina che si usa per lavarsi e svuotare l’intestino.
«Ma l’aiuto più importante nel quotidiano è quello delle persone... e il tempo che dedicano», aggiunge Doreen Kresse. Quando, aiutata dal personale infermieristico, Manuela Ressouche si lava da sola i denti, si spalma la crema per il viso o si gira nel letto, però, paradossalmente ciò comporta più lavoro per la Spitex. «Ma è l’unico modo per ottenere dei progressi. Quindi la incoraggiamo a fare da sé, anche quando abbiamo poco tempo», afferma la 44enne che 25 anni fa da Iena (D) si è trasferita in Vallese.
Fatti e cifre
La misteriosa caduta
Sono passati poco più di due anni dall’incidente di Manuela Ressouche: nel settembre del 2021 cade da un muretto di 70 centimetri in giardino, una caduta che fino ad oggi rimane avvolta nel mistero. È stata causata da quel leggero capogiro che le capitava di avere talvolta al mattino?
All’epoca la coppia è titolare del Rarnerchumma, un ristorante di montagna sul ripido pendio del versante sud del Lötschberg, non lontano da casa loro. Gli alpaca, una delle attrazioni principali del locale e con i quali si poteva anche fare trekking, oggi sono diventati i loro animali domestici.
Il mattino dell’incidente Hans Zenklusen si dirige al ristorante con la sua moto da trial e aspetta che Manuela lo raggiunga a mezzogiorno per dargli una mano in servizio. Quando non la vede arrivare, cerca di raggiungerla in tutti i modi. Invano. La terrazza piena di ospiti, Hans è costretto a rimanere in ristorante fino alle 15.00. Quando finalmente torna a valle, troverà la sua compagna in giardino, gravemente ferita.
Contemporaneamente al servizio di elisoccorso sulla scena dell’incidente si presenta anche la polizia, che porta via il vallesano e lo interroga fino alle 23.00. Stenta a crederci: è sospettato di omicidio. Invece di essere al fianco della sua partner all’Inselspital di Berna, per tre giorni non potrà farle visita e dovrà aiutare gli inquirenti a ricostruire l’accaduto.
Il terzo giorno la paziente viene trasferita al reparto di Terapia intensiva del Centro svizzero per paraplegici, dove rimarrà per tre settimane. Seguiranno poi nove mesi di prima riabilitazione, sempre a Nottwil. Dovranno passare altri cinque mesi prima che, dopo essere finalmente stata interrogata dalla polizia, le indagini sul suo partner verranno concluse. Ma ancora non hanno tregua: si accende allora infatti una logorante disputa con gli assicuratori che perdura ancora oggi. I due devono lottare per fare luce sui fatti e sul grado di invalidità, ma lottare fa parte della loro natura.
All’inizio si chiede spesso se tutto ciò abbia ancora un senso, ma nei momenti più delicati c’è l’energia del suo partner a risollevarla. Manuela Ressouche afferma con determinazione: «Non mi sono ancora rassegnata all’idea di dover trascorrere il resto della vita in sedia. È per questo che mi alleno tutti i giorni.» Vorrebbe tanto tornare a viaggiare insieme al suo partner, ma sogna anche di svolgere lavori domestici: «Mi piacerebbe molto cucinare qualcosa ogni tanto oppure pulire la casa e non limitarmi a guardare gli altri che lavorano.»
Cresciuta a Dresda (D), prima di trasferirsi in Vallese nel 1990, nella DDR era abituata a fare tutto da sola o a ovviare con soluzioni creative ai prodotti mancanti. Ora deve chiedere aiuto per qualsiasi cosa e questo le pesa. «Sarebbe bello se riuscissi almeno a vestirmi da sola e a fare i cateterismi», afferma. Oppure le piacerebbe leggere un libro. Ma le sue mani non sono in grado di voltare le pagine e anche mettere e togliere gli occhiali è un ostacolo insormontabile.
Nel 2023 Hans Zenklusen con la sua moto ha partecipato a 20 gare di trial, delle prove di abilità su un percorso a ostacoli, che richiedono un’ottima padronanza del mezzo. Manuela Ressouche lo accompagna sempre nel camper adattato, circondata e accolta dalla comunità dei motociclisti. Come ad esempio in Italia, dove alle gare seguono pranzi e cene che durano per ore. Questi eventi sono per lei delle piccole fughe, una reminiscenza delle gite che era solita fare nei fine settimana. Affinché in futuro viaggino più comodi, hanno comprato un rimorchio per il camper, nel quale ora Hans sta installando il letto.
Anche a casa c’è ancora molto da fare: ammodernare il bagno, tirare giù muri, installare porte automatiche e migliorare, in generale, l’accessibilità della casa. Non da ultimo è prevista un’aiuola accostabile in carrozzina, in modo da permettere a Manuela di fare del giardinaggio, offrendole un’ulteriore terapia per le mani.
In giardino vogliono poi creare un’oasi di benessere con tanto di jacuzzi, sauna e solarium; infatti, prima dell’incidente amavano fare vacanze wellness in Europa orientale. «Se non ci si può più allontanare troppo, vuol dire che bisogna godersi di più la casa», afferma Hans Zenklusen.
Tra il soggiorno e la veranda si erige il futuro: un verticalizzatore mobile che Hans Zenklusen ha costruito con le sue mani in modo da averlo pronto qualora servisse. «Questo offrirà a Manuela una stabilità ottimale per stare in piedi e per tentare qualche primo passo», spiega. Ancora non sa se un giorno lo utilizzerà. Ma sa che, per raggiungere qualcosa, è importante avere degli obiettivi.
E Manuela Ressouche sa che l’aiuto più prezioso nel quotidiano è indubbiamente il sostegno del suo partner.
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